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In queste ore i principali mass media europei e statunitensi stanno dipingendo lo scenario russo come catastrofico e sull’orlo del default. A leggere bene alcuni accordi stretti da Putin in questi mesi con Cina, Turchia e paesi BRICS, ci si rende subito conto che l’attuale crisi del rublo a breve potrebbe essere arginata senza particolari problemi. Nonostante i russi abbiano una imminente necessità di liquidità, Putin ha ancora diverse carte da giocare, tanto che nelle prossime settimane potrebbe pescarle dal mazzo e lanciarle sul tavolo. L’attacco al cuore dell’economia russa è stato pesante e ben orchestrato dagli Stati Uniti, che coadiuvati dall’Europa hanno cercato di arrestare la minaccia militare in Crimea e Ucraina attraverso delle dure sanzioni, che però hanno anche colpito diversi imprenditori italiani e dunque limitato le esportazioni dall’Italia alla Russia. Stupisce il silenzio tombale della Cina, uno dei principali paesi con cui Putin ha stretto accordi sulla politica energetica e che tra l’altro rappresenta il principale possessore del debito statunitense. Qualche mese fa Vladimir Putin incontrò i vertici politici del gigante asiatico, stringendo un accordo commerciale miliardario. Nell’occasione Putin dimostrò all’Europa di avere straordinarie capacità diplomatiche e di poter allargare le sue mire commerciali anche in Cina. Se si pensa alla densità di popolazione cinese, si capisce subito che gli asiatici hanno assoluto bisogno di ottenere approvvigionamenti energetici, di cui Putin dispone a volontà e sui quali spesso fa leva per imporre la sua linea in politica internazionale. C’è però un accordo fatto tra le banche centrali russa e cinese, secondo cui nel prossimo trimestre i paesi si impegneranno in caso di difficoltà di liquidità ad aiutarsi vicendevolmente. Su lantidiplomatico.it in un articolo molto ben articolato di cui riportiamo il link in basso si legge: “Per assicurare i soggetti intressati che ci saranno abbastanza capitali a supporto di entrambi, la PBoC ha pubblicato un annuncio sorprendente secondo cui le banche centrali di Cina e Russia hanno firmato un accordo di cambio valutario locale bilaterale triennale, da 150 miliardi di yuan da trattare oggi, secondo un comunicato pubblicato sul sito della PBoC. La dichiarazione afferma che l’accordo può essere ampliato se entrambe le parti sono d’accordo. L’accordo mira a rendere più convenienti i rapporti commerciali bilaterali e gli investimenti diretti, promuovendo lo sviluppo economico nella due nazioni”.
Una notizia bomba che potrebbe significare una sicura salvezza per i russi e il totale aggiramento delle sanzioni che in queste ore stanno facendo fibrillare l’economia russa. C’è poi da ricordare che la Russia vanta buoni rapporti di partnership commerciale con i cosiddetti paesi BRICS (Brasile, Russia, Cina, Corea del Sud, India), non una sigla a caso ma circa 3 miliardi di persone che necessitano di energia e dunque di mantenere ottimi rapporti anche con Putin. La politica estera americana ha profondamente influenzato quella europea, ragion per cui le sanzioni comminate alla Russia per la questione Ucraina, potrebbero non bastare a spaventare lo zar Putin. Tra l’altro appare evidente che l’Europa non sta dando al momento tutti gli aiuti richiesti dal Premier Ucraino, dunque non è detto che gli ucraini non possano decidere di ritornare del vecchio alleato russo.
Articolo integrale su http://www.lantidiplomatico.it
http://www.lantidiplomatico.it/dettnews.php?idx=82&pg=9866

L’AREA 51

Pubblicato: 9 dicembre 2014 in Uncategorized
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area 51, Nevada

Area 51- Deserto del Nevada.

Inizialmente fu chiamata “Nevada Test site-51”, in seguito assunse l’attuale denominazione di Area 51. Ma a cosa serve l’Area 51? Si tratta di un’ampia area che si estende per circa 26000 km/2 che equivale alla grandezza della Sardegna. Quello che sappiamo di questo sito è che sorge nel deserto del Nevada, nei pressi del Groom Lake. Lo spazio aereo attorno alla base viene chiamato dai piloti “The box”. Gli elevati livelli di segretezza innalzati attorno a questa base hanno alimentato nel tempo diverse teorie complottistiche. Lo spazio attorno all’area è completamente sorvegliato da sensori e telecamere e vi sono delle forze speciali della Contea di Lincoln che in casi estremi sono autorizzati all’uso della forza letale. Il tutto è specificato in appositi cartelli che spiegano ai visitatori le regole e la distanza da tenere. Nei pressi dell’Area 51 è severamente vietato fotografare o fare riprese, vige un totale controllo militare e le regole vengono fatte rispettare in modo ferreo.

Nel 2003 il Governo degli Stati Uniti ha ammesso l’esistenza di tale base militare, giustificando l’esistenza per esigenze militari. In effetti in molti documenti è possibile leggere l’esistenza di programmi specifici di sviluppo di aerei a decollo verticale e ad alta velocità, di droni e particolari velivoli che da molti cittadini vengono definiti U.F.O. Proprio l’avvistamento di velivoli di forma ellittica e capaci di viaggiare a velocità supersoniche ha alimentato teorie su extraterrestri e altre forme di vita nel deserto del Nevada. Il cinema americano ha poi fatto il resto attraverso la produzione di pellicole o fiction che hanno appassionato il mondo intero.

Recentemente altre informazioni sono state fornite dal ricercatore Glen Campbell che ha descritto la base e le strade che conducono al particolare sito militare. I racconti di giornalisti, reporter e curiosi alla ricerca di uno scoop, hanno alimentato varie teorie e ancora oggi l’Area 51 ha un grande fascino. Per chi volesse vedere un documentario completo sull’Area 51 vi rimando al video pubblicato in basso, in cui è possibile vedere il racconto completo sulle origini della base situata nel deserto del Nevada.

Diverse persone nei giorni scorsi mi hanno chiesto di trattare un argomento che nell’ultimo anno ha monopolizzato l’attenzione dei media, ossia quello della “democrazia diretta”. In questo articolo proverò a spiegare il significato e la fattibilità di tale idea di democrazia, sapendo già in partenza che qualcuno rimarrà scontento di ciò che mi accingo a scrivere. La prima forma di democrazia diretta si realizzò nell’antica Atene, certo è passato tanto tempo, ma gli storici riferiscono di una particolare forma di governo partecipato che era molto in uso nella polis e che per un certo periodo riuscì ad accontentare e governare il popolo. Tale concetto di democrazia diretta o partecipativa, riprese vigore solo nel periodo dell’Illuminismo, quando il filosofo e scrittore Jean Jacques Rousseau iniziò a propagandare il concetto ed i meccanismi di funzionamento di questa democrazia del popolo sovrano, criticando aspramente la funzione dei rappresentanti eletti, spesso autori di nefandezze e coinvolti in scandali che non portarono altro che un degrado politico, come degradante era il fatto di delegare l’attività politica senza prenderne parte in modo attivo. Nel 1871 in Francia, più precisamente al Comune di Parigi, si tentò di applicare una democrazia diretta, il tentativo fu però contrastato dall’esercito e l’iniziativa fu repressa con la violenza. Sebbene sia passato più di un secolo da questa esperienza, oggi si intravede la possibilità di tentare di riproporre questa forma democratica che sembra del tutto in antitesi con l’attuale forma di democrazia presente in Italia, ma che pone con forza un concetto fondamentale, quello del popolo sovrano che è legislatore e amministratore del bene pubblico.

Oggi la sovranità popolare è andata a farsi benedire, chi ci rappresenta riceve una delega dal popolo, ma allo stesso tempo pur avendo ricevuto i voti attraverso “regolari elezioni”, è libero di esercitare il mandato secondo coscienza e quindi senza vincolo di mandato, questo sancisce l’articolo 67 della Costituzione. Tale articolo della Carta Costituzionale, rende possibile una particolare pratica che in Italia viene identificata con il termine di trasformismo politico. Il parlamentare eletto alla Camera o al Senato, può liberamente lasciare nel post-elezioni il partito e il gruppo parlamentare per cui milita e nel quale era stato eletto, andando a far parte di un altro gruppo o nell’impossibilità di crearne uno nuovo, associarsi ed entrare a far parte del cosiddetto “gruppo misto”, meglio conosciuto come “gruppo dei fuoriusciti”. Gli articoli 83 e 84 dei rispettivi regolamenti di Camera e Senato, permettono comunque al parlamentare eletto di votare in maniera difforme dal suo gruppo di appartenenza, anche se negli anni scorsi, causa Porcellum, si è assistito all’elezione di onorevoli sotto totale controllo delle segreterie dei partiti e per giunta nominati, con eclatanti episodi di trasformismo. La democrazia è stata violentata da una pessima legge elettorale, fortunatamente bocciata dalla Consulta, legge che ha prodotto una totale ingovernabilità del Paese. Gli scarsi risultati ottenuti dai partiti in questi anni, hanno fatto si che liberi cittadini, comitati, associazioni, riproponessero con forza la questione del rapporto tra eletti ed elettori, separati ormai da un’enorme distanza e dunque lontani anni luce dal principio basilare di rappresentanza.

Oggi una forma di democrazia diretta regola un movimento politico in Italia, il M5S, una forza che alle ultime elezioni politiche ha preso il 25% dei voti, facendo rete sul territorio, sul web e rilanciando l’idea di una partecipazione diretta da parte del cittadino. Oggi gli eletti al Parlamento si muovono interrogando la rete e raccogliendo i suggerimenti che vengono dai meetup. Cosa sono i meetup? Molto semplice, si tratta di piattaforme social media, in grado di associare e far incontrare mediante il web, forme di intelligenza e opinioni di milioni di persone. Attraverso i social media è possibile aggregare opinioni e pareri, condividere leggi, documenti, iniziative popolari, petizioni e tanto altro, tutte cose da sottoporre al giudizio dei cittadini che attraverso le loro proposte concorrono a creare i programmi elettorali e far votare le leggi. L’idea della democrazia diretta è particolarmente osteggiata da chi è abituato da anni a delegare il tutto a dei rappresentanti, persone che la maggior parte delle volte tradiscono i programmi e le volontà dei loro stessi elettori. Proviamo a fare degli esempi concreti per cercare di fare chiarezza sul significato di democrazia diretta. Il nome del Professor Stefano Rodotà uscì da una consultazione online sul blog di Beppe Grillo, i votanti erano gli iscritti certificati al blog che indicarono il giurista come candidato alla Presidenza della Repubblica. I cittadini eletti, al momento del voto in aula rispettarono l’indicazione  ricevuta dai propri attivisti, venuta dalla rete. Il PD al contrario si riunì e decise di scegliere come candidato Franco Marini, poi uccellato, con la base che chiedeva ai parlamentari di convergere su Rodotà, richiesta ignorata, in seguito impallinarono Prodi e optarono assieme alle altre forze politiche (escluse Sel, M5S, Lega e Fratelli d’Italia) per la rielezione di Giorgio Napolitano. Altro esempio: votazione sull’abolizione del reato di clandestinità. I cittadini pentastellati hanno ricevuto l’indicazione direttamente dal voto popolare, un filo diretto che fa della consultazione della base uno dei princìpi basilari.

Non si è trattato di sconfessare il post di Grillo che rimproverò i due senatori rei di aver sbagliato il metodo che tagliava fuori la base, ma il recente voto ha dato un’indicazione chiara, votata da migliaia di persone che hanno indicato la via. Democrazia diretta significa poter partecipare all’approvazione dei bilanci comunali (bilancio partecipato), disporre di un’amministrazione open, poter indire un referendum consultivo ed abrogativo senza quorum o comunque con quorum  ridotto, portare leggi di iniziativa popolare – oggi è possibile presentarle solo dopo aver raccolto 50.000 firme- proposte che poi vengono accantonate dal Governo, ignorate o bocciate. Negli statuti comunali esiste già la possibilità di indire referendum, la democrazia diretta potrebbe permettere al popolo sovrano di concordare e programmare assieme al Sindaco determinati progetti in diversi ambiti, aprire il Comune al popolo, renderlo una casa di vetro, farli partecipare attivamente mediante deliberazioni (è possibile farlo non sono pazzo), insomma diminuire la distanza che oggi separa il cittadino dalle istituzioni. La dilagante corruzione e il non rispetto dei programmi elettorali, dimostra quanto sia in crisi l’attuale tenuta del sistema democratico, nessuno pensa di sovvertire la democrazia, ma le nuove tecnologie permettono di ipotizzare un’ampia partecipazione del cittadino alla vita democratica, senza delegare nessuno. È nato così un dibattito stimolante e acceso che ipotizza una e-democracy, una democrazia basata sul voto elettronico che preveda un’ampia partecipazione. La Svizzera è il paese che oggi meglio rappresenta l’idea di democrazia diretta, ma non è l’unico paese dove si esercita tale forma di democrazia. Lo stesso Barack Obama ha utilizzato di recente il sistema del recall ( revoca mandato) per rimuovere un eletto che non rispettava il mandato e tutto questo su indicazione degli elettori.

Sarebbe fantastico poter revocare il mandato a un eletto corrotto, inadempiente, incapace, trasformista e bugiardo. Questo sarebbe il metodo con cui poter controllare l’operato di un parlamentare, di un sindaco, di un ministro o di un consigliere che offenda e tradisca la sovranità popolare, o di chiunque minacci un attentato alla Costituzione. Immaginate di scoprire che un parlamentare da voi votato (con il Porcellum li sceglievano i partiti ), non rispetti il programma che vi ha illustrato in campagna elettorale, cosa fareste? Semplice, si potrebbe lanciare in poche ore una richiesta di revoca del mandato, questa dovrebbe avvenire anche in caso di reati accertati e in modo immediato, se responsabile di danno al patrimonio dello Stato e alla salute dei cittadini, oltre a perdere il posto dovrebbe risarcire di persona per il danno arrecato. Tutto questo potrebbe accadere in poche ore senza aspettare mesi come accade oggi. L’Italia resta ancorata al sistema parlamentare che ha dei rappresentanti a volte del tutto impresentabili, l’idea della nascita e sviluppo di una democrazia diretta, integrata da consultazioni e proposte provenienti da piattaforme di e-democracy , non appare del tutto impossibile da attuare. In Germania c’è già stato l’esempio del Partito Pirata, gli stessi social democratici si avvalgono di sistemi liquid feedback che implementano tale principio di democrazia. Il risultato è un’assemblea virtuale permanente dove tutte le proposte vengono inserite, discusse, integrate e poi messe al voto dai parlamentari eletti, secondo le indicazioni del popolo sovrano. L’Italia riuscirà mai a compiere questo salto di qualità in avanti? Perchè non ispirarsi alla Germania e ad alcuni stati americani? Siamo sicuri che qualcuno ci rappresenti in Parlamento ? Domande, semplicissime domande che forse non riceveranno mai risposta.

PS: Parlare di e-democracy è appassionante, poi però la triste realtà ci dimostra che l’Italia ha ancora pesantissimi limiti nei sistemi di connessione e nella banda larga, un problema quello del digital-divide, che ci rende lenti e poco competitivi, per saperne di più chiedere alle imprese.