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Capire le dinamiche della politica italiana non è mai semplice. Lo scenario muta con una velocità talmente elevata che spesso gli elettori non riescono a comprendere le mosse e le strategie dei partiti. Questo sta succedendo anche in questi giorni. Accade che in seguito ai risultati delle elezioni regionali in Calabria ed Emilia Romagna, la politica italiana compie l’ennesima metamorfosi e cerca di riposizionarsi per riuscire a intercettare il massimo numero di consensi in vista delle prossime elezioni politiche che ormai sembrano essere sempre più vicine. Per capire come potrebbero andare le cose nei prossimi mesi, bisogna fare l’identikit delle forze politiche in campo e studiare cosa sta succedendo al loro interno. Partiamo da Forza Italia, il partito fondato da Silvio Berlusconi e Dell’Utri, oggi in grande difficoltà, costretto ad accettare l’abbraccio mortale di Matteo Renzi, che quasi come un pitone sta stritolando la creatura politica che per 20 anni ha dato le carte. Berlusconi sa benissimo che il suo partito non ha più ambizioni di governo, basta guardare gli ultimi sondaggi per capire che gran parte dell’elettorato sta travasando nella Lega Nord di Matteo Salvini, una forza più radicale che sta però spaventando quegli elettori moderati che in parte hanno deciso di puntare sul PD (si veda il risultato di Renzi nel Nord-Est), ma che nella maggioranza dei casi si sono astenuti dal voto delle ultime regionali. Perchè? I motivi sono tanti, ma cercherò di sintetizzare per rendere l’analisi comprensibile e chiara. L’elettorato di Forza Italia era costituito da imprenditori, pensionati, piccole e medie imprese, professionisti. Buona parte di queste categorie, avevano scelto Berlusconi come cavallo su cui puntare, ma all’indomani della decadenza dal Senato lo hanno mollato, puntando su altre forze politiche, oggi rappresentate dal Pd. Il Nord Est ha abbandonato Forza Italia e si è aperto a Matteo Renzi, secondo alcuni ultima speranza. Nel 2013 avevamo invece assistito a un fenomeno analogo, allorché gli imprenditori veneti si affidarono al Movimento Cinque Stelle di Grillo e Casaleggio. Da allora sono cambiate tante cose e si è assistito al fenomeno della resurrezione della Lega Nord, ridotta in cenere dagli scandali interni e tornata a buone performances di consensi con l’elezione del nuovo segretario Matteo Salvini. La campagna elettorale di Salvini dalle Europee a oggi si è basata principalmente su temi quali il ritorno all’euro, immigrazione clandestina, sicurezza, tasse e difesa del Made in Italy. Il messaggio di Salvini ha attecchito a livello comunicativo, riportando la Lega a livelli alti, e nascondendo gli scandali interni che avevano raso al suolo il partito, pensiamo ad esempio alle inchieste sui figli di Bossi e a quelle che coinvolsero l’ex tesoriere Belsito. La scelta di orientare la Lega verso un’alleanza con il Front National di Marine Le Pen, ha fatto si che in Italia si cavalcasse l’onda della paura e si affrontasse con asprezza il tema immigrazione, al limite del razzismo. C’è poi il Movimento 5 Stelle, al momento in fase di trasformazione e intento a riorganizzarsi in seguito ai deludenti risultati ottenuti alle ultime regionali. La cavalcata del 2013 è ormai un lontano ricordo, Grillo stesso ha deciso di creare un gruppo di cinque parlamentari a cui affidare la gestione delle linee guida pentastellate. Che Grillo avesse intenzione di far camminare la sua creatura con le proprie gambe, lo si era capito a Roma all’evento “Italia a 5 stelle”, dove ha rimarcato la bravura di alcuni parlamentari, che non a caso oggi costituiscono il “direttorio”. Si tratta principalmente di una scelta forte, una scelta dovuta che potrebbe essere percepita come una grossa novità. Quando verranno placate le diatribe interne, molto probabilmente si passerà a una fase due. Renzi non avrà più Grillo come interlocutore, ma molto probabilmente Luigi Di Maio, uomo forte del Movimento 5 Stelle a cui spetta il compito di ricompattare i gruppi parlamentari e mantenere i rapporti con il territorio e gli attivisti. Bisognerà vedere come si comporterà Renzi in occasione dell’elezione del nuovo Capo dello Stato. È quella la partita principale a cui devono assolutamente partecipare i pentastellati. Poter imporre o condividere un nome, sarebbe una delle più grandi vittorie politiche della storia, ciò significherebbe spingere all’angolo Berlusconi e divenire il primo interlocutore del Governo. Non sappiamo se Renzi bluffi, aprendo ai grillini nel tentativo di svuotarli dal ruolo di opposizione (lo ha già fatto con Berlusconi con conseguenze tragiche per Forza Italia), ma sappiamo che l’asse M5S-PD ha tenuto in occasione dell’elezione dei giudici costituzionali, sbloccando il Parlamento da una empasse che aveva paralizzato il sistema. Quello che appare certo é che nessuna forza politica gode di buona forma in questo momento, nemmeno il Partito Democratico, che deve interrogarsi sul netto dato di astensionismo riscontrato alle regionali e alle primarie di ieri in Veneto. Nessuno all’interno del Parlamento ha i numeri per eleggere il Presidente della Repubblica, dunque qualsiasi forza politica potrebbe divenire decisiva in quel frangente. Di Maio e company si stanno preparando a una delle battaglie più grandi, alle elezioni europee e regionali si sono perse delle battaglie, la guerra é ancora in corso e non è detto che a perderla sarà il M5S. La politica muta velocemente e l’elettore esige risposte, l’elettorato è troppo liquido per spingersi in previsioni catastrofiche sulle sorti del Movimento, passatempo preferito dei giornali in questi giorni. Ai posteri l’ardua sentenza.

Prima di parlare di economia e dell’attuale situazione dell’Italia e degli italiani, è doveroso riportare un pensiero di qualche mese fa, non mio ma di Papa Francesco, il quale diceva: “Quello che comanda oggi non è l’uomo ma il denaro. Se qui muore una persona in piazza, se muoiono di freddo i senza tetto, se in tante parti del mondo non hanno da mangiare, tutto questo non è notizia, sono cose che rientrano nella norma, ma l’abbassamento di dieci punti nelle borse, quella si che è considerata una tragedia”. Dopo queste parole pronunciate da Papa Bergoglio, non ci sarebbe altro da aggiungere, ma nel mio piccolo tenterò di far comprendere il mio pensiero. Quando il capo della Chiesa pronuncia determinate frasi, attua un’opera di cambiamento radicale senza lasciare nulla al caso, dimostra seriamente di voler dare una sterzata al sistema ecclesiastico, fino a poco tempo fa investito da enormi scandali che hanno finito con l’allontanare i fedeli dalla casa di Dio, un luogo sacro che negli ultimi anni è stato offuscato da vicende che nulla hanno a che fare con i messaggi che la Chiesa cattolica dovrebbe diffondere. Il Papa si è messo in discussione, ha cambiato un sistema secolare e ha condannato coloro i quali avevano gravemente ferito un’istituzione e un punto di riferimento conosciuto in tutto il mondo.

La politica è riuscita ad attuare un cambiamento? La risposta è semplice, assolutamente no. Gli scandali e l’incapacità della maggior parte degli esponenti politici è sotto gli occhi di tutti. Dai Comuni alle massime istituzioni, di cambiamenti ne sono arrivati pochi, questo i cittadini lo percepiscono ed è questo il motivo che li porta ad associare l’intera classe politica a un sistema che in modo sprezzante viene definito “casta”. Come è possibile ignorare i segnali che arrivano dalle piazze? Siamo sicuri che la stabilità alla fine paghi? Abbiamo un piano B nel caso le politiche di austerity fallissero miseramente ? Domande che personalmente ritengo lecite e che purtroppo non hanno ancora conosciuto risposte. Con tutto l’ottimismo che mi contraddistingue, non riesco a comprendere quali siano i motivi che fanno si che tutte le istituzioni si ostinino a continuare a suonare le note impresse sullo spartito, quelle  note stonate che producono una parola, la quale si sta diffondendo sempre di più, povertà. I dati offerti oggi dall’ISTAT sono preoccupanti, si sta consumando una tragedia economica, forse sarebbe opportuno definirla “economicidio”, che sta falcidiando così come fanno i virus, la stragrande maggioranza della popolazione italiana ed  europea. La Chiesa e Papa Francesco sono a conoscenza di questi dati, non hanno bisogno di attendere gli studi ISTAT perchè da tempo le mense allestite dalla “Caritas” sono piene, non solo di extracomunitari ma anche di italiani, soprattutto pensionati, costretti a consumare un pasto caldo al di fuori delle mura domestiche a causa delle loro condizioni di indigenza economica.

È per questo che oggi non comprendo il discorso pronunciato dal Presidente della Repubblica, lo trovo lontano dai cittadini, troppo distante dai bisogni del Paese. La stabilità serve se l’economia riparte, i dati attuali non dimostrano nessun miglioramento. Il Paese sta morendo di austerity e stabilità, mentre tutto traballa e si sta scatenando un terremoto sociale, al chiuso dei Palazzi si discute di stabilità e di riforme. Renzi ha chiesto 12/15 mesi per portare avanti le riforme, lo ha detto a Letta e hanno sancito un patto, un patto che è tra di loro e che probabilmente ignora la reale condizione dell’Italia. Francamente ritengo che restare ancorati a un sistema in nome della stabilità sia un errore grave, se stabilità significa arroccarsi e difendere privilegi e regalie, io non ci sto. Abusare del termine stabilità per impaurire la gente, raccontandogli che un voto democratico farebbe precipitare il paese in miseria è senza dubbio discutibile. La sensazione che ho è che il Governo faccia un pò come Penelope, di giorno tesse la tela e la notte la disfa, in modo consapevole, per non muoversi dalla situazione di stasi in cui si trova, perchè diciamocelo chiaramente   la legge elettorale non viene fatta perchè non si vuole andare al voto, se si facesse non ci sarebbe più la possibilità di dire no alle elezioni, alla volontà del popolo, alla sovranità popolare, si quella svenduta all’Europa in nome della stabilità.

Domenico Varano