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Poveri

Poveri

Ogni qualvolta accendo la tv, mi trovo davanti a politici che parlano di debito, spread, interessi, patto di stabilità e mancanza di risorse. Eppure questo paese di risorse ne avrebbe a non finire se solo si volesse attuare una vera lotta alla corruzione. Per qualcuno la cifra che sfugge a causa della corruzione si aggira attorno ai 60 miliardi, per altri sarebbe addirittura il doppio, ma poco importa, sarebbe comunque una cifra folle. Mafia Capitale ci ha insegnato che i soldi si fanno in qualunque modo e che si guadagna di più su immigrati, case e rifiuti. Io  non lo so come si sentirà uno come Buzzi in cella, francamente io mi sentirei una merda, soprattutto se sapessi che i miei guadagni vengono dal popolo degli immigrati, su cui in questi anni molti si sono riempiti la bocca e i programmi elettorali, senza poi trovare soluzioni. L’immigrazione oggi è certamente una delle problematiche di cui sentiamo parlare continuamente, ma non è certo l’unica grana che l’Italia deve affrontare. L’Italia si trova ormai travolta dal vortice europeo a guida tedesca, molti sottovalutano una problematica fondamentale che è  quella del costo del lavoro. L’equazione è semplice: se non puoi svalutare la moneta, svaluti il costo del lavoro. Ma non fatevi incantare dalle terminologie che sentite nei vari talk show, quali ad esempio “Tutele crescenti”, “più welfare”, “meno precarietà”, perchè a leggere bene certi provvedimenti, si capisce che  per il governo la problematica lavoro è un problema rilevante, visto e considerato che per rispettare i diktat europei deve riformare il settore. Ho già scritto in precedenza che nutro seri dubbi sulla portata del famigerato #Jobsact e non voglio ripetermi o dilungarmi. Le assunzioni si fanno se c’è la domanda lavorativa, sui media invece la parola che più spesso ricorre è “licenziamento”. Mi verrebbe da dire agli operai #operaiostaisereno, ma non ci riesco, e credo che in futuro vi sarà una precarizzazione del lavoro, altro che tutele maggiori! Intanto nelle grandi città le file alla Caritas sono infinite, nei mercati la gente fruga nei cassonetti e chi gioca con la finanza va a Courmayeur. La mia sensazione è che assisteremo a una guerra tra poveri, forse è già in atto e non ce ne rendiamo conto. I governi sono riusciti a compiere un capolavoro di furbizia, mettendo contro giovani e anziani, quest’ultimi attaccati a misere pensioni e divenuti ormai veri e propri ammortizzatori sociali. Ma gli stipendi della classe politica  (non di tutta per fortuna) restano immutati, troppo alti rispetto alla popolazione e non congrui con i risultati ottenuti in questi anni. Fin quando ogni italiano penserà a portare l’acqua al proprio mulino, cercando di fregare l’altro, non ne usciremo. Siamo una popolazione narcotizzata dai media, riescono a svuotarci le tasche e non fiatiamo. Se è vero che ogni popolo ha la classe politica che si merita, quello italiano è messo proprio male. Eppure la guerra tra poveri è già in atto, ma non temete, ci salveranno la Boschi e la Madia, a cui sono affidate le riforme più importanti del paese. #poveraItalia

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Le vicende politiche di questi giorni farebbero pensare a una dura opposizione della minoranza PD in parlamento nelle prossime 24 ore. Il pacchetto lavoro che Renzi vuole approvare Mercoledi, non piace alla minoranza democratica, tantomeno ai sindacati che sono già in agitazione e minacciano lo sciopero generale. Ma queste proteste sono vere? Ci possiamo fidare dei vari Fassina,Civati, Cuperlo,Bersani? La risposta è no. Le proteste e le critiche messe in scena in queste settimane, non sono altro che l’ultimo sussulto di una parte della vecchia dirigenza ex DS che oggi sembra non avere le forze e i mezzi per contrastare il nuovo corso Renziano. La maggior parte degli attori coinvolti in questa grande pantomima, sono politici asfaltati dal rottamatore, che nonostante continui a far disastri,ha deciso di proseguire per la sua strada. Non sappiamo se il pacchetto lavoro migliorerá la situazione occupazionale del paese, ma sappiamo per certo che molti senatori non avranno il coraggio di votare in disaccordo. Il motivo è piuttosto semplice, non perdere la poltrona. Nessuno dei “vecchi democratici” avrá la forza di opporsi agli ordini di Renzi, è troppo grande la voglia di mantenere il comodo sedile in parlamento e di strappare al segretario un posto in lista per le prossime elezioni. Questa realtà è molto triste, ma rappresenta perfettamente la nostra classe dirigente, sempre più dedita alla difesa dei propri privilegi e lontana anni luce dal paese reale. Morale della favola, tutti voteranno secondo le disposizioni date dal partito, i disobbedienti saranno al massimo 3 o 4.

Ma in questa opposizione al piano lavoro del premier, che ruolo hanno i sindacati? Molto semplice, i sindacati si sono arroccati in difesa dell’articolo 18, non perchè volevano combattere e riprendere la lotta che dovrebbe impedire lo smantellamento dei diritti dei lavoratori, ma perchè hanno compreso che se cade questo totem, a essere penalizzati saranno anche loro e non solo i lavoratori. Perchè? Il motivo è semplice e proveró a spiegarlo senza mezze parole. Il sindacato ha capito che Renzi tende a scardinare il loro sistema, hanno fiutato il rischio di perdere migliaia di tesserati e dunque hanno provato a giocare la minaccia dello sciopero generale. Quello che é certo è che il prezzo più alto lo pagheranno come al solito i lavoratori, già in difficoltà a causa di salari troppo bassi e tartassati da una serie di balzelli che il Governo ha previsto. L’incontro Renzi-sindacati servirá a poco, il Premier ha già promesso all’Europa la riforma, non importa come sarà, per lui conta solo farla. Per l’ennesima volta un Presidente del Consiglio cede alle pressioni della Commissione europea e alle politiche della BCE, non è un caso, ma è un piano ben studiato che si è servito di attori illustri: Monti,Letta, ora Renzi, tutti accomunati da un unico fine, ossia favorire i grandi gruppi di potere europei e l’alta finanza. Il peggio però deve ancora venire.#sapevatelo

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Sono passati più di sei mesi da quando Matteo Renzi è diventato Presidente del Consiglio ed é giunto il momento di fare un effettivo bilancio sul suo operato. Matteo Renzi nel suo discorso di insediamento aveva promesso di abolire le Province, di pagare tutti i debiti che la pubblica amministrazione aveva contratto con diverse imprese e se non ricordo male anche una ripresa economica che sarebbe seguita grazie al bonus di 80 euro, il famoso provvedimento sull’IRPEF che secondo molti avrebbe dato una spinta alla ripresa dei consumi. Ebbene, dopo un’attenta analisi dei provvedimenti si può affermare che le Province esistono ancora, hanno solo cambiato nome, non tutti i debiti della p.a sono stati pagati (il MEF ha diffuso ieri una nota in cui spiega che la cifra liquidata corrisponde al 76% del totale dei debiti), dunque Renzi non dice il vero quando afferma che ha mantenuto le promesse e si sbagliava quando affermava che: “Il bonus in busta paga dará una spinta all’economia, aiuterà la ripresa”. Saranno pure dettagli, ma un politico dovrebbe essere stimato e valutato in base al proprio operato, se poi aggiungiamo che nessuna legge elettorale è stata approvata e che sui temi del lavoro nel PD é caos totale, la preoccupazione per le sorti del paese aumenta. Renzi al ritorno dagli States troverà un partito spaccato, con la minoranza del PD arroccata sulla difesa di alcuni diritti dei lavoratori e pronta a fare le barricate pur di difendere l’articolo 18 e lo Statuto dei lavoratori.

In suo soccorso potrebbe accorrere Forza Italia, la quale sarebbe disposta a “cedere” il suo pacchetto di voti qualora i bersaniani e cuperliani decidessero di non votare il provvedimento che piace tanto anche al Nuovo Centro Destra e a Sacconi. Si vocifera che la fronda dei dissidenti potrebbe contare su 80/90 voti, o forse più, e che questo preoccuperebbe molto Renzi. La sensazione è che la minoranza del PD stia per preparare un trappolone al Premier, il quale sa bene che con l’appoggio di Forza Italia renderebbe irrilevanti i voti dei dissidenti, relegandoli in un angolo. Tatticismi e voci di palazzo che stonano con la realtà, una realtà fatta di disoccupazione e di crescita negativa, l’immagine di un paese che arranca e che chiede un pò di ossigeno all’Europa. Per avere ossigeno fresco, l’Europa ci chiede di fare delle riforme, ma siamo sicuri che il prezzo da pagare non sia troppo alto? É giusto barattare qualche miliardo in investimenti con una riforma del lavoro che punti di più sulla flessibilità? Personalmente non farei mai un baratto, perchè in ballo c’è la sorte di milioni di persone. I politici inizino a dare l’esempio, si rinunci ai vitalizi e agli innumerevoli privilegi, se bisogna stringere la cinghia, lo facciano anche loro. È chiaro che in futuro verrà attuato un riordino del sistema pensionistico, che presto altri sacrifici verranno chiesti agli statali e che qualcosa dovrà essere recuperato da una seria lotta alla corruzione (stimata tra 60-100 mld), perchè le tasche dei cittadini sono vuote e dunque bisogna attingere altrove. Se tutto questo non verrà attuato, il sistema collasserà su se stesso e per via dell’enorme debito che ci portiamo dietro, rischieremo il default.

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