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Matteo Renzi, PD

Matteo Renzi, segretario Pd.

Quando meno te l’aspetti arriva la notizia che rischia di mandare nel panico il Partito Democratico e il Governo. Le stime sul PIL diffuse ieri dall’Istat hanno complicato e non di poco la vita al Governo Renzi. Oggi il premier avrà di sicuro imprecato leggendo quel maledetto -0.1 % di PIL che nessuno aveva previsto e che rischia di non far quadrare i conti. E si, proprio quei conti che l’Europa ci chiede di tenere in ordine. Le previsioni di crescita che Renzi aveva sbandierato alla presentazione del DEF si sono volatilizzate in pochi giorni. Nessuna traccia di quel + 0.8 % di PIL, per far si che la previsione riesca a giungere a buon fine, nei prossimi trimestri la crescita globale dovrebbe toccare il +3.3%, insomma pura utopia in un momento difficile come questo. La crisi morde e se le previsioni di crescita non fossero centrate mancherebbero all’appello circa 5 miliardi di entrate. Un vero problema per l’ex sindaco di Firenze, una doccia fredda che arriva a nove giorni dall’appuntamento elettorale. Le opposizioni stanno spingendo sull’acceleratore, e se Berlusconi appare azzoppato e in affanno, Grillo gode di ottima forma e rischia di bruciare tutti sul rettilineo d’arrivo. I pentastellati ieri hanno battibeccato a lungo con gli esponenti del PD, i quali hanno dovuto ingoiare il rospo dell’arresto del deputato Francantonio Genovese. Un fulmine a ciel sereno che arriva dopo l’inchiesta Expo e che mette in imbarazzo il Partito Democratico. Da oggi il Parlamento è certamente più pulito, ma la sensazione è che potrebbero cadere ancora altre teste. Si tratta di un vero terremoto politico-giudiziario che rischia di orientare il voto in maniera del tutto imprevista. C’è chi racconta di sondaggi interni che preoccuperebbero i dem. Grillo e il M5S sarebbero lì, a una incollatura. Si spiegherebbe così la decisione di Renzi di andare in piazza, il premier starebbe provando in ogni modo ad arrestare l’emorragia di voti. Ma se Renzi è preoccupato per i numeri degli ultimi sondaggi, gli italiani dovrebbero esserlo per i dati diffusi oggi dall’Istat. Il paese non cresce e non aggancia nessuna ripresa. Le misure miracolose presentate dal premier sembrano dimostrarsi fragili e semplici spot elettorali. Oggi nessun tweet trionfalistico, nessun cenno all’economia e nessun attacco ai tecnici del Senato che i conti li sanno fare eccome. Non si sente più nulla, gli unici a gioire sono gli amici gufi e gli odiati grillini. Caro Matteo #staisereno la tua esperienza presto giungerà al termine.

L’informazione  in queste ore ha dato ampio spazio all’argomento spread, sottolineando con entusiasmo il raggiungimento di  un differenziale Btp/Bund  inferiore ai 200 punti, con tassi di interesse pressoché stabili ma certamente non ancora del tutto ottimali. È ripreso pertanto il dibattito sull’importanza dello spread e quasi tutti i sostenitori delle politiche di austerità hanno rilasciato dichiarazioni trionfalistiche, sottolineando in particolare la possibilità di risparmiare miliardi di euro che altrimenti avremmo dovuto pagare in interessi. Quando Silvio Berlusconi fu costretto a dimettersi nel Novembre 2011, lo spread nel momento di massima crisi raggiunse i 580 punti, un valore enorme che se fosse rimasto invariato ancora per poco, secondo alcuni economisti avrebbe portato il Paese al default. Il resto è storia recente, Monti subentrò a Berlusconi e si formò un Governo tecnico appoggiato da un’ampia maggioranza (un anticipo di larghe intese), che ancora oggi non riscuote grande simpatia, come del resto l’attuale esecutivo che probabilmente ha ormai raggiunto il grado massimo di impopolarità. Sia chiaro che lo spread ha cambiato poco nell’economia reale e un grido di allarme é stato lanciato nella giornata di ieri da Federconsumatori. Secondo i dati raccolti dall’osservatorio nazionale Federconsumatori, i dati Istat sull’inflazione sarebbero sottostimati e darebbero una fotografia irreale dell’attuale situazione economica. Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti sottolineano che: “La crescita pressoché incontrollata di prezzi e tariffe, unita al progressivo peggioramento delle condizioni economiche dei cittadini, ha fatto letteralmente crollare i consumi, con un calo dell’ 8,1% equivalente a 60 miliardi di euro”. Nel comunicato consultabile sul sito http://www.federconsumatori.it si legge anche un accorato appello: “Le famiglie non ce la fanno più! Occorre intervenire al più presto avviando un piano di rilancio per l’occupazione e la crescita”.

In effetti appare abbastanza evidente che il problema principale sia quello della disoccupazione, la quale si attesta al 12,4 % e raggiunge addirittura una percentuale superiore al 40% tra i giovani. Per ora non si vedono soluzioni in grado di invertire i trend negativi, ma aspettiamo fiduciosi (per la verità poco) la scossa tanto sbandierata dal Premier Enrico Letta che oggi ancora latita. Si fa poco per aiutare le imprese a creare lavoro, gli imprenditori denunciano da tempo una tassazione eccessiva, che definiscono da cappio, che unita alla crisi, ha prodotto un disastro senza precedenti, paragonabile allo scenario economico dell’immediato periodo post-bellico. Non si tratta di frasi scritte per impressionare, ma delle riflessioni del Presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, particolarmente critico nei riguardi della ricetta economica del Governo Letta. Intanto le opposizioni che da tempo giudicano insufficienti le misure economiche, sono sotto attacco mediatico. Non c’è giorno in cui non si leggono critiche o peggio falsità sulle forze di opposizione. Particolarmente bersagliato é il Movimento Cinque Stelle, ma non mancano colpi bassi anche nei confronti della Lega Nord e di Sel. I pentastellati e i leghisti stanno attuando un’opposizione durissima, preparando al meglio la campagna elettorale per le elezioni europee e mettendo soprattutto in evidenza gli errori grossolani compiuti dal Governo e sottolineando gli scarsi risultati dello stesso. L’attacco contro M5S e Lega é il chiaro segnale che l’Europa teme un fronte anti euro, fronte che anche in Francia sta riscuotendo consensi, grazie a Marie Le Pen e che nel Regno Unito ha in Nigel Farage il principale interprete. La vera partita si gioca sull’economia, non sulla legge elettorale. Presentarsi alle prossime europee con risultati insufficienti, per le forze politiche al governo sarebbe un dramma, il rischio di subire una pesante sconfitta sarebbe elevatissimo ed é per questo che si spinge molto sul tema del populismo e dell’antisemitismo. Creare degli spauracchi ed evocare determinati periodi storici, serve a distogliere l’attenzione dal vero problema, l’economia, dal fallimento delle politiche di austerity, ed è per questo che negli ultimi giorni sono ricomparse parole come fascismo e nazismo, due ideologie che nulla hanno a che vedere con Lega e Movimento Cinque Stelle e che in sostanza servono a nascondere la vera dittatura, quella economica imposta dall’Europa.

Domenico Varano

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Ricordate il battibecco tra il Premier Letta e il Vice Presidente della Commissione europea e Commissario per gli affari economici e monetari Olli Rehn? A quanto pare sembra che l’ex calciatore finlandese e “bacchettatore” ufficiale del Governo italiano abbia ragione. I conti pubblici italiani non sono proprio in ordine, tanto che poche ore fa l’agenzia di rating Standard & Poor’s ha rivisto al ribasso le stime di crescita del nostro paese. Infatti secondo i dati pubblicati nello studio redatto dall’agenzia, l’economia italiana dovrebbe crescere dello 0,4% rispetto alle stime del Tesoro che prevedeva un +1,1%, lo 0,7% dell’Ue e Istat e lo 0,6% dell’Ocse. Dati rivisti come al solito al ribasso,che fotografano una difficoltà di crescita nell’eurozona, con un’economia italiana che arranca. Standard & Poor’s sottolinea che “L’euro forte penalizza paesi come Francia, Spagna, Italia e Portogallo”, specie nell’export, mentre favorisce l’economia della Germania che si basa prevalentemente sull’importazione di materie prime, poi lavorate  e trasformate in prodotti di alto valore aggiunto. Ancora una volta l’Italia ne esce penalizzata, a godere è la solita Germania che cresce alle spese degli altri paesi della zona euro. La situazione è insostenibile e sarebbe opportuno che il nostro Governo invertisse la rotta, così oltre a impattare, la nave rischia di affondare. Lo “Schettino” di turno potrebbe essere il nostro Ministro dell’economia, coadiuvato dalla ciurma guidata da Capitan Letta.

La nave Italia è in piena tempesta, la popolazione inizia a ribellarsi e l’austerità di questi anni sta provocando una evidente disgregazione del tessuto sociale. I conti non tornano, specie nelle famiglie italiane dove si fatica ad arrivare alla seconda settimana del mese, altro che fine mese! Vogliamo ancora continuare a scherzare con il fuoco? È così difficile invertire la rotta e cambiare comandante e ciurma? Domande, semplicissime domande da rivolgere agli italiani, i quali ogni volta che decidono di andare a votare sognano di essere in crociera, per poi accorgersi dopo pochi mesi che la nave sta andando a impattare contro un gigantesco iceberg, proprio come accadde al celebre Titanic. Dopo l’impatto molti morirono, furono inghiottiti dal mare, altri rimasero a galla e furono salvati per miracolo, riportando però in seguito le ferite e il trauma che li accompagnò per tutta la loro esistenza. Presidente Letta, i conti non tornano, dichiari l’abbandono nave e lasci il timone a un nuovo Comandante, usi l’ultima scialuppa di salvataggio e si faccia da parte, prima che questo paese sprofondi e che la nave Italia affondi. Infine un pensiero va rivolto a chi oggi non ha una meta e non sa dove andare, la migliore occasione per citare un grande filosofo, Seneca, il quale affermava:”Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare”, sottolineando la necessità di avere una meta chiara per poterla raggiungere favorevolmente, ecco gli italiani scelgano una meta e poi con un vento favorevole, quello del cambiamento, sarà semplice raggiungerla.

Domenico Varano